mercoledì 29 maggio 2013

quattordici

allungo la gamba e mi alzo distendendola fuori dal letto guardo il buio e cerco l'interruttore vicino al guanciale: click accendo la luce, prendo la volontà che mi pervade dal nulla consegnandola al tutto dell'imo attraverso la preghiera risuona nel corpo mantra che ammorbidisce quello che toccherò vedrò pensiero, durante la giornata. Cammino verso il bagno. Mi guardo allo specchio, lavandomi i denti e il volto, sempre uguale su cui le diversità si combinano col trascorrere del tempo mi vede ugualmente diverso nella fisionomia. Mi sciacquo, gli occhi stabiliscono il rapporto per nulla parziale tra tempo e spirito. Che mi abita. Automaticamente risuono di preghiera  deambulo di qui e di la, nel corridoio, ripostiglio, camera da letto, indosso i calzoni, t-shirt, calzo le scarpe, metto a tracolla la borsa, verifico se ci sono gli occhiali, quelli da sole, le penne, il portafogli, le chiavi, un altro mazzo di chiavi, un altro ancora, le cose inutili che mi accompagnano sempre: il victorinox milleusi  ieri non l'avevo per tagliare la rosa profumata che sbucava dal cancello; dei fogli intonsi bianchi pronti per l'uso; una pila che si ricarica a manovella come una dinamo; controllo con la mano in borsa armeggio tra oggetti vari; m'incammino sino alla porta di casa che apro per chiudermi alle spalle. Un'occhiata rapida all'orario del cellulare: sono le 5,30. La preghiera mi scivola escludendomi le angosce, leggero come una piuma, esile da non percepirne il sentore santo di lode, necessaria e forte nella sua intensità, capisco sostanza la forma che incide sulla vita che comprendo nel significato di quest'alchimia che recita col divino indispensabile.         

lunedì 27 maggio 2013

tredici

quando il destino ci esaudisce oltre il necessario, ognuno vive la propria follia, reputandola normalità.

dodici

La roulotte è accampata sotto pini marittimi, fissata vi è la veranda. Nel loro caos, svariati oggetti: la scopa, bocce di legno, ciabatte, libri e quaderni di scuola dentro la tendina trasparente di supporto a fianco della roulotte, col tavolino in centro per far fare quei benedetti compiti alle figlie; una sopra l'altra alcune riviste dove vi è un ripostiglio vuoto lì in basso, poco lontano dallo sdraio, sul cui sdraio vi sono alcuni flaconi d'olio abbronzante, una ciabatta, lo zoccolo chiaro da farmacista bucherellato e smangiucchiato dal cane, là in angolo dove c'è quel cesto dove si raccolgono le mollette per fissare i panni ai fili vi è lo stendi panni, con la biancheria stesa ad asciugare con quella muta nera da sub in evidenza con le cuciture bianche. Dalla porta della roulotte va scendendo un uomo che la attraversa col suo cane nero, entrambi vincolati dal guinzaglio ingarbugliati nel tira molla. Il cane con la ciabatta tra le fauci poco distante, li guarda sorpreso mentre l'uomo cerca qualcosa tra gli oggetti che stanno lì attorno; tira al guinzaglio il cane nero che punta zampe orecchie tirarandolo teso a mezz'aria, rimane fisso a vedere il cagnetto pezzato che si va nascondendo sotto la roulotte. L'uomo trova quel che cerca, lo mette in tasca dei pantaloni, si aggiusta la visiera scolorita del cappello, si avvicina alla donna in bikini sullo sdraio anni 80; avvicinandosi scosta cianfrusaglie; la donna lo guarda alzandosi con qualcosa in mano. L'uomo si china inumidisce il bacio sulle labbra di ieri, di oggi e di quello che vorrà il tempo della donna: sussurrandole <<...ciao amore...>>.  Col cane nero legato al guinzaglio che tenta di liberarsi per raggiungere il cane con la ciabatta tra le fauci sotto la roulotte.           

venerdì 24 maggio 2013

dieci

il piccolo inverno: ci disorienta nei sentimenti caldi e appropriati, tatuandosi perentorio sul bicipite infantile la primavera ormai inoltrata; parente stretta dell'estate lontana dall'inverno e i suoi pensieri un po' retrò ci fa serrare le finestre in casa; e rinserrati tra le mura rimirare la nuvolaglia in cielo che passando traina, l'anima orba che guarda chiusa ci invia uno stimolo lanoso di amore elettrico presso il tepore di qualcuno, il cui corpo lo vorremmo amare in quel palpare libero il penetrare; la carne in acqua morbida ripenetrandola, ancora nel versare un verso di amore sconosciuto regalando corpo una rosa per via che alla fine tutto non sia realmente giunto ad essere finito nell'accompagnarci alla solitudine  

giovedì 23 maggio 2013

nove

non sopporto questo mondo, il suo carico insensato. Sono senza afflato amorevole decisamente non amo, mentre guardo queste faccende. Che mi girano attorno, seduto al luna park, travolto mestamente da costoro, da tutto ciò che mi ruota attorno, incomprensibile vestito d'idiozia mentale; farcito di colori rutilanti con un ché di tecnologico che scade suadente per la clientela, normale fuggevole, di quel fuggevole che ti fa riflettere, perché mai stanno lì e vivono, non ricordando ? nulla; né la felicità, serenità, afflizione, sfoderano solo la maniera, stampata in quei volti, con la mano stretta a quella di qualche figlio, compagno d'affetto, stanno in quella precarietà di senso assorbiti dall'effimero. Rumori gioia esterna, traspaiono non comprendo. E che cosa me ne importa di tutto quello che vedo in questo luna park, che dovrebbe essere o risultare spontaneo per l'umano, ma non lo è per conto mio, nella partecipazione di un amore che non provo ? Né io per loro, né loro per me ?       

otto

il momento in cui vivo mi scivola via portando con sé, il senso pieno delle cose astratte lasciandomi privo di direzioni spossato; e non lo squilibrio mi priva come sarebbe normale bensì solo il  fardello   

lunedì 20 maggio 2013

sette

creare con la scrittura uno spazio delimitato e illimitato un'ossimoro dove la libertà pur consueta di scrivere parole create su pendici di pensieri orientate dalle figure che vagano nell'inconscio disegnate dagli occhi della mente mi consegnano con l'eternità una libido transfisica come mistero impagabile

sei

senti lo splendore di questa voce sui gradini delle note, lo scandire del colore attraverso il suono, che m'imbratta il cuore mi muore tra le labbra, la lingua mossa mi anticipa le parole in un frenetico bacio mi perdo, canticchio,  non ricordo il brano, che svanisce e torna... l'aria ti somiglia...è meravigliosa

cinque

penso: siamo fatti da mani grandiose, da un'idea altrettanto grandiosa, eppure, la mia vita, la vita di molti, è al di sotto della volontà di grandezza attraverso cui, siamo concepiti siamo divenuti ci apparteniamo; scorre difettosa, e di fronte a questi intendimenti la riflessione mi è barlume, in mezzo alla molteplicità delle vite rese oscure consuete che vi sono ovunque, tra cui la mia. L'intendimento alto della vita per noi umani è già all'origine; poi realisticamente è una discesa agli inferi, non ripida come si potrebbe sospettare, ma un lento declinare attraverso l'annuire di sconfitte congiunte. 

domenica 19 maggio 2013

quattro

Tolgo i ciuffi d'erba tra una pietra di porfido l'altra davanti al condominio. Zitto e chino, nel flusso di pensieri ora astratti ora consueti con un coltello da caccia preso utilizzato una volta, poi messo lì a terra: inutile; uso le mani per strappare i ciuffi d'erba. Nubi imperiose mi sovrastano, alzo la testa, vedo il vento che muove ciò che soffia, lo fa ruzzolare, lo gonfia: lo sospinge di continuo. Taglio la siepe non recido le rose: semplici. Non conosco il nome; con quei pochi petali rossi sembrano papaveri; sbucano in due tre punti dalla siepe. Rosse di varie grandezze, esilità, vicino al rosmarino. Taglio un po' di siepe, ascolto il vento, gli abiti mossi, i capelli in disordine, il calore del sole sul collo. La riordino, raccolgo le foglie, l'erba: il sale l'ho disseminato tra le fughe delle pietre ho versato dell'acqua per via che il sale filtri in profondità bruci le radici. Non ho finito. Mi è rimasto da tagliare il pezzo di siepe dietro il condominio. Quel pezzo rigoglioso che vedo al mattino appena sveglio e ammiro dalla finestra. Ad un certo punto del lavoro, dopo due ore e mezza, mi volto, vedo il rastrello, la porta del garage aperta, le cose che utilizzo sparse un po' ovunque: e non è per questo, ma sento che ne ho a sufficienza. Mi guardo le mani sporche di terra come fossi un contadino. Con forza calco erba foglie in alcune sportine, raccolto le mie cose, chiudo il garage. Salgo in casa e penso di lavarmi le mani per togliermi lo sporco dalle unghie.