martedì 30 luglio 2013

sessantaquattro

se ti perdi, vai altrove. Dall'alto scendi la gasthof ti accoglie - willkommen - i caratteri sottovuoto come rinsecchiti: lettere in danza asciutta. Tetti appuntiti. La neve è glassa. Le facciate color canditi, al sole che assaggia rincorre il metallo che brilla e rimbalza, nella valle delinea e allinea le ombre. Sotto il cielo indaco terso. Mosse le nubi seguono il vento; rimodella le dune di neve. Le tracce dei nostri giochi le risate di entusiasmo gli sbuffi accaldati, le mani ci scostiamo i capelli, assaporiamo i cristalli freddi e lucenti. Le nostre labbra sono innocenti. 

sessantatre 63

si fece sodomizzare non per amore. Per avere argomenti di cui parlare con autorevolezza.

lunedì 29 luglio 2013

sessantadue 62

non mi rimpiangerai: ma non avrai pensieri altrettanto vivi e consistenti; poiché essere non è esistere se nel, non significato siamo altro da noi; nel significato profondo ci immettiamo al mondo umano ritrovando noi stessi, autorizzandoci a dirci: sono consapevole consenziente. Viceversa esistere è niente. E non mi rimpiangerai lo so, ma non avrai pensieri altrettanto vivi e consistenti, su cui esistere

sabato 27 luglio 2013

sessant'uno

Ad un certo punto della giornata, il mio io, il mio sé, colui che mi muove gli arti in contemporanea alla volontà; dall'epidermide alle profondità, svanì al sole cocente. Mi lasciò in balia di un concetto bruciacchiante in testa, mefitico nella sua potenziale esecrabilità: eppure certo. Uno slogan iniziò a ripetersi linearmente nei neuroni depurandosi da oscenità e presentandosi educato con franchezza: << fine dei lavori ! >>. Guardai le persone in ciabatta, braghetta, canottierina superarmi celermente in bicicletta, a piedi, tentavano di evitare l'irraggiamento del sole a tenaglia di calore per chiunque non fosse all'ombra; rendendomene conto mi esclamai a voce alta per udirmi nella coscienza <<...fine dei lavori...smetto di lavorare vado a casa...! >> La giornata in poco tempo dalla decisione, mi vide all'apice della sua calura 46 gradi, immergermi nell'acqua della piscina. Sgradevole al sole, ma nei tratti governati dall'ombra, piacevole scivolarci con le bracciate stile rana, dorso, di nuovo a rana con una qualche puntata in stile libero, sputacchiando cloro dalla bocca; la serata dopo cena, mi vide sotto la doccia rinfrescarmi tra le natiche; con l'acqua gelida del doccino avvicinavo la testa, l'acqua scorreva incollando i capelli sul capo; poi; l'innaffiamento sacro: pene e testicoli, una bella insaponata per renderli lustri, funzionali, lo shampoo m'irretiva in un pizzicore, avvicinai il doccino; con l'acqua gelida sciacquai il glande, poi di nuovo tra le natiche per puntare l'ano, quando c'è caldo è infastidito dalla calura. Una volta uscito dalla doccia; nudo gocciolante, mi frizionai la cute col telo con cui mi coprii cercando una sedia sulla quale mi sedetti all'aria fresca del condizionatore: pensai alle varie immagini che avevo in testa, su quella di mio figlio riflettei. " Ha ragione...quando mi dice che in casa preferisce star nudo..". dopo di chè mi guarda in tono di sfida col piglio saggio ironico che ti canzona; aspetta il mio ribattere che non arriva; prosegue dice <<...in fin dei conti non nasciamo nudi ?... quando moriamo, non siamo altrettanto nudi ?...>> Penso:  la realtà è diversa, la storia lunga, tu irrazionale: però...... istintivamente mi pare sia una grande verità...!       

lunedì 22 luglio 2013

sessanta

Erano le sei meno un quarto, di questa giornata afosa transitavo in bicicletta in centro. Vidi la ragazza venirmi incontro in bicicletta, si spazzolava i capelli biondi come una giovanissima e indifferente dea, quando mi superò. Fu allora che vidi la donna anziana, non troppo vestita, indossava uno di quegli abiti stampati floreali nero su perla, che pesano nulla, mentre si rinfrescava; sulla panchina seduta si sollevava la gonna agitandola mostrava le gambe nude attenta al pudore, trattenere con la mano la stoffa celando le intimità, dietro gli occhiali da sole mi vide passare, le osservai la fronte imperlata di sudore le guance leggermente arrossate. L'uomo di colore dagli occhi giovani e scaltri mi ringraziò per le monete che gli diedi mentre entravo al supermercato. La donna che parlava quella lingua che non capivo credetti d'intuire si esprimesse in moldavo, con quell'altro che pareva il fratello, stavano di fronte l'uno all'altro mentre li ascoltavo stando in fila alla cassa. La donna di colore seduta, con altri due uomini di colore sull'erba del parco, si mostrava loquace al telefono, era veramente scura da ricordare il Botswana. Quando questo apparve: la ragazza con la spazzola, la donna anziana con la gonna, l'uomo di colore davanti al supermercato, la ragazza moldava suo fratello, la donna di colore i suoi due amici, a quel punto, esattamente a quel punto non successe nulla: assolutamente nulla. Tranne vivere; intensamente l'afa, il caldo, sugli alberi il frinire di cicale mi riempivano i timpani, col loro leit motiv secco percussivo nell'aria asciutta di sole che andava illuminando il pomeriggio, della città. Posai la bicicletta. Entrai in un bar con l'aria condizionata accesa, ordinai un caffè freddo.     

sabato 20 luglio 2013

cinquantanove

l'abbronzatura montanara è l'incollatura dello scuro sulla pelle, una distesa di aghi rugginosi sulla neve; le anatre nel puzzo dello stallatico stanno in assemblea sotto il sole; l'immancabile fontana; col becco ricurvo il fluire dell'acqua gelida fuoriuscendo immergendosi e deglutisce; ogni frenesia si fa modesta e scompare al cospetto della montagna che lassù nello spiccare pare amarci rinnegandoci; l'arcobaleno nell'acqua della minuscola cascata mostra il proprio arco evanescente, la fatica d'ogni passo sul sentiero ghiacciato; ama con la luce tra le casupole del villaggio scolpite in un dipinto; negli speroni nudi della roccia che incombono sul sentiero ombra rifiorente sulle acque d'un ruscello gelido di nuovo ci rinnega...       

cinquantotto

Fedeli: essere il sangue del corpo, il quale corpo è la chiesa. Insieme seguire l'idea di Cristo, tentando di realizzarla fattivamente, nella realtà. Ed essendo l'idea in un corpo, che con ciò si anima, si è tutto. E il contrario di tutto.  

cinquantasette

Tutti desiderano essere immacolati nell'anima, ma non è un diritto. E allora fingono.

cinquantasei

Quando è nuvoloso sul lago d'estate, ogni cosa si apparta nel sé presso Dio, innocente di colori soffusi e irreali, tra i boschi di silenzio rotto, dai cinguettii solitari o dalla loro insistenza frenetica, dalle voci di una bimba in lontananza, nella siesta di un bagnante sotto l'alberello sulla riva, o in quei fanciulli in slip, bagnati che corrono verso le loro tende ad asciugarsi, oppure in quel cane che ruzzola gioioso e improvvido sul tappeto erboso del prato, in quel fringuello variopinto che salterella coraggioso tra le gambe di chiunque; che siano gambe di tavoli o di uomini, mentre il treno venendo da luoghi lontani fischia il suo passaggio, il fringuello sale sul tavolo sparecchiato, e becca le briciole di pane rimaste nello spiraglio di un raggio di sole. Spinto, da un refolo di vento.   

cinquantacinque

Ho l'impressione di essere eccessivo nei confronti di chi mi ode, manifesto il mio sdegno in alle ingiustizie o che mi pare siano ingiustizie, mostrando violenza nel linguaggio; che si riversa nelle aspettative degli altri i quali difronte a ciò, mi considerano iroso tenendomi lontano per prudenza. 

venerdì 19 luglio 2013

cinquantaquattro

Passo a Buttapietra. Una bambina di colore in un bar all'aperto siede con le ginocchia su una sedia rossa, sotto l'ombrellone blu della Pepsi non mi vede e mostra le minuscole spalle infilate nella sua canottierina bianca, gioca; gli anziani più avanti all'ombra dell'albero sono vestiti a festa: uno la camicia celeste l'altro marrone; con gli occhiali da sole seduti e rilassati mi individuano osservandomi passare: è un attimo. Gli occhi dei due, seguono il proprio volto che si va concentrando su una vettura sportiva di grossa cilindrata che dalla corsia opposta alla mia, giunge e transita roboante, mi fermo dopo aver sterzato, trovo il parcheggio dietro la chiesa del paese. Dove c'è un parco pubblico; gli schiamazzi di ragazzi e ragazze che odo mentre cammino in direzione del supermarket, mi seguono sino all'entrata. Comprerò dei pomodori, una mozzarella, dei wurstel, con l'idea di cenare. Vi è una donna alta e matura nel reparto frutta e verdura che osserva: seleziona, tocca, vede, ripone di nuovo e sceglie altro, poi solleva i frutti, gli ortaggi, osservandone la qualità, li coglie sulle mani guantate di nylon trasparente che rumoreggiano di carta strofinandosi; la donna che non vede me, e nemmeno altri tanto è concentrata in quello che fa, scivola poi lontana dal reparto frutta, giunge ad una corsia di prodotti inscatolati cerca e legge l'etichetta del prodotto posto in alto sullo scaffale a testa alta, chissà cos'è; supera la ragazza del magazzino che va mettendo in ordine lo scaffale prezzando i prodotti; compare da destra, una donna né alta né bella né brutta col viso anonimo con i seni prosperosi indossa i pantaloni bluette aderenti gli stivali a tacco alto. Cammina con delle cose in mano giunge alla cassa, le appoggia, rovista sul nastro le cose che ha acquistato. Guardo all'esterno. Il tramonto. Pago ed esco per tornare al parcheggio con la mia magra spesa guardo il prezzo del gasolio sul cartello del distributore, 1.599. Mi volto all'indietro da dove sono uscito, catturo un uomo che infila il carrello vuoto della spesa nella fila sotto la tettoia; e mi rivolto riguardando avanti e penso alla giornata calda, che a quest'ora sta rifiatando, mentre le anime che incontro, che escono come me che vanno al supermarket, sono temperate e curiose. Di questo luogo Italiano con l'accento veneto, dove la comunità romena pare abbia posto le sue tradizioni, attraverso un negozio alimentare di prodotti tipici che sta lì, in angolo. Tipiche sono le donne con la prole a seguito che incontro avvicinandomi al negozio, quei volti dai tratti zingareschi e montanari, la pelle chiara in quegli abiti; li riconosceresti non essere italiani anche se vivono qui. E guardo la distanza che mi separa dal parcheggio osservo il campanile della chiesa. Il parcheggio è là dietro gli alberi. Attraverso la strada sulle strisce pedonali seguo il marciapiede supero la fila di alberi al mio fianco dopo una breve camminata con la sporta in mano raggiungerò il parcheggio. Anonimo nel traffico anonimo di una citta qualunque in un giorno qualunque di una calda estate.         

giovedì 18 luglio 2013

cinquantatre

penso che tra noi ci sia distanza e sia difficile. Ma se uno di noi, cioè io, nutrissi un qualche interesse per te; per come mi guardi ultimamente quando pensi che io non veda, e per quelle attenzioni che mi dimostri, piccole, eppure grandi per me che le ricevo quando non ricevo mai per sbaglio nessuna attenzione; e non si hanno per sbaglio attenzioni per nessuno, voglio dirti di quel giorno. Dei tuoi occhi, e quel sorriso che mi ritrovai ad inviarti tra  quella gente con cui stavi, e tu vedendomi, notai, come seguisti nel mio volto quell'espressione che si tramutò nel sorriso che ti inviai, e allora. Tu, mi rispondesti di riflesso con lo stesso animo sorridente, che pareva nascesse dal tuo intimo per giungere, a me, rimanendo nell'intimo dei nostri sguardi e sentimenti, se nessuno vi fece caso. E allora ebbi un moto spontaneo di euforia silente, al ricordo subitaneo di quel momento che stava trascorrendo consumandosi, con quell'incrociare i nostri occhi, e pensai tra me alle angustie e alle antipatie, che quei volti che avevo superato nell'inviarti quel mio sorriso, nutrissero per me, e se mi fossi fatto vedere dalla distanza in cui ero, e fossi apparso a loro, ciò che pensavo si sarebbe realizzato. A mio svantaggio. E allora guardai il gruppo di persone che erano con te senza mostrarmi si, e di sfuggita, passando, e consapevole di cercare solo te, per i tuoi occhi che nell'assoluto nascondimento emersero in tutta la loro volontà in quel sorriso che ci concedemmo con brillantezza d'intelligenza per me, direttamente me. Ed è da allora che ti penso, per come vorrei abbracciarti, quegli occhi sul tuo volto, e respirarti nei capelli. Sentendo che ti amerei, se tu lo volessi.


da rivedere