domenica 13 settembre 2015

quattrocentoquarant'uno


- La Musa dopo la festa -

Quando ogni occhio è rapito dal vivo spento nel buio, la schiena della piazza si sfodera nuda non più sotto le suole di chi dorme nel proprio letto satollo di gioia rumori remoti per la festa che termina; ciascuno s'intrufola nella mescola dei sogni levigati ai desideri col guanciale all'orecchio steso, la realtà si consuma brucia dispiega i sensi deboli, deambulano nell'onirico. La città dorme; lei allegra spontanea bacia lui nella solitudine del centro; poco avanti il vecchio cane al guinzaglio annusa l'umidità all'angolo dove la folata si ripropone natura davanti alla Cattedrale dell'Assunta imbastita per magia, da centinaia di tubi che le reggono la veste: spilli rilucenti al sole che sorge; la solidità della torre dell'Uccelliera davanti al castello stolido imperituro; l'uccello dei venti, rugginoso presiede in cima la torre; le lancette dell'orologio determinano le poche cose che a quest'ora si muovono in centro piazza; qualche bar con la luce accesa: laggiù una figura. A quest'ora che non è notte non è aurora, mi avvicino alla figura seduta sulla panchina: un giovane uomo. Le gambe accavallate da gran dama aristocratica, indossa una gonna color carminio, le zeppe bianche, stringhe slacciate, la parrucca è bionda; guarda davanti a sè e suggerisce in chi la vede, certezza ingenuità: nonostante abbia il viso mascolino naso regolare vigoroso; a certe angolazioni ricorda un giovane efebo, altre un transessuale frustrato, ad altre ha la dolcezza dell'animo per l'amore, ad altre fragile donna dagli occhi intensi nella fissità di un luogo onirico tradita dalla stanchezza; ad altre è palpabile la noia per la festa conclusa; qualcosa di inquietante lo contraddistingue nonostante la posa femminile possa essere indolente come una sirena stracca fuori dall'acqua: ed è la sicurezza che le muse folli portano nell'amore, l'odio; intervengono modificano il destino per volontà degli Dei. La musa è abbracciata al silenzio della piazza si piega lateralmente sul giaciglio. La panchina a liste di ferro la sorregge a braccia conserte sino all'aurora quando la sua figura sarà svanita davanti ai miei occhi. Ambasciator non porta pena.