sabato 12 marzo 2016

quattrocentocinquantanove


 - la mia amica Caterina Lisiex -


( v. ai minori di 18 anni)


<< Sono con un amico >>
<< e mi telefoni ? >>
<< si, sono in bagno, lui è di là sul letto, non ha l'evezione >>
<< te ne sei andata ? >>
<< che faccio...ha pveso una pasticca stiamo aspettando faccia effetto lui digita sul telefonino io sono venuta in bagno >> << senti Zen ti chiamo per sapeve questa cosa, non mettevti a videve, ma chi è Cechov ? >>
<< è uno scrittore...mi telefoni dal bagno mentre fai le parole crociate per sapere chi è Cechov  ? >>
<< ...non faccio le pavole cvociate >>
<< nel comodino del letto c'è un vomanzo di Cechov allova ti chiedo com'è ? >>
<< quella volta che ti ho chiesto consiglio su uno scvittove, mi hai fatto compevave Giussani >>
<< a ricordo Luigi Giussani, bello, interessante ! >>
   << ti è poi piaciuto ? >>
<< dopo mezza pagina avevo la testa coi vapovi di vavichina come quando pulisci i sanitavi: mi sono addovmentata non l'ho più pveso in mano; tvoppo difficile non vicovdo nemmeno quello di cui pavlava >>
<< nè motori, nè aperitivi Caterina forse di Dio; con Cechov non ti addormenti.
<< senti mica per farmi gli affari tuoi del tuo amico e se ognuno è per conto suo: ma se non ha questa erezione e decidete di lasciar perdere: ve lo dite o vi mandate un messaggio ? >>
<< dai Zen sei pvopvio cvetino; ha già pagato, non lasciamo pevdeve ! >>
<< qualcosa facciamo anche se non ha l'evezione, abbiamo un piano B >>
<< sono indiscreto se ti chiedo di che cosa si tratta ? >>
1<< sei indiscveto, si ! >>
2<< e poi, mi vevgogno ! >>
3<< non ho voglia di divlo ! >>
4<< sono visevata su queste cose >>
5<< sono cose che novmalmente non faccio mai, tvanne se me lo chiedono >>
6<< poi tu non sei mica mio mavito >>
7<< eh !? >>
8<< sono una pevsona sevia >>
<< perchè a tuo marito glielo diresti dove sei e cosa fai? >>
<< ma no dai, che c'entva, non mi voglio nemmeno sposave, cmq non te lo dico !>>
<< senti Caterina scusami, hai ragione, non me lo dire, non te la prendere ! >>
<< ecco appunto ! >>
<< cambiamo discovso: Zen hai visto l'ultimo di Tavantino mi hanno detto che fa videve !? >>
<< chi te l'ha detto, uno dei tuoi amici dopo aver sniffato della colla ? >>
<< ma no dai siocco, fa videve o no !? >>
<< non mi pare faccia smaccatamente ridere, non è comico, è come al solito molto pulp >>
 << c'è un tizio che è un cacciatore di teste in una tempesta di ne...! >>
<< cmq gliela devo fave >>
<< ...ve che scende dalla diligenza... cosa scusa !? >>
<< la visposta alla domanda che mi hai fatto pvima che non volevo divti ! >>
<< Caterina gliela devo: fare cosa ? >>
<< sulla pancia ! >>
<< si, Caterina ho capito, ma cosa ?? >>
<< il piano B >>
<< gliela devo fave sulla pancia ! >>
<< il piano B sulla pancia ? gli devi fare la pipi ? >>
<< no ! >>
<< e allora cosa, Caterina ! >>
<< Zen, vuole che gliela faccia sulla pancia come se fossi sul watev ! >>
<< sulla pancia ? >>
<< è un gioco evotico Zen ? >>
<< gioco erotico ? >>
<< vuoi dire che quella volta che io e i miei amici ci siamo tirati addosso dei pezzi di merda secca eravamo gay latenti stavamo facendo l'amore e non lo sapevamo? >>
<< sei sempve il solito stvonzo non ti posso dive niente che mandi tutto in vacca ! >>
<< te e i tuoi amici mentve ve la tivavate addosso vi dicevate fovse, bvavo, bvavo, bvavo, ? >>
<< e certo che no...non siamo mica matti ! perchè il tuo amico mentre gliela fai sulla pancia ti dice brava, brava, brava ? >>
<< si cevto mi puntello mi stvinge le mani e mi ìncita bvava, bvava, bvava >>
<< e tu gli fai un bel fagotto che fuma sulla pancia ? >>
<< no, a volte devo beve dell'acqua per favla sono un po' stitica e non viene come dici tu ! >>
<< ah che peccato non viene come dovrebbe !? >>
<< ...e allora come dal dottore, bevi dell'acqua per evacuare con più scioltezza >>
<< bevo ma cerco di non fave la pipì ! >>
<< a certo, tu sei persona seria e rimani alle consegne: gli fai un bel cagozzo sulla pancia !? >
 << ma dai Zen non dive così, non esseve acido: ci sentiamo un'altva volta >>
<< scusami, mi sta chiamando, forse gli è venuta l'evezione >>
<< click ! >>       
 

  


  


giovedì 3 marzo 2016

quattrocentocinquant'otto



L'usciere

I pensieri flirtavano
con l'usciere dell'inferno.
 Non mi era dato vivere il
 verso con cui pacificarmi.

Brandelli d'ingegneria corpo
spirito udivano le stanchezze.
Agonia flaccida, inciampi,
muscoli tenui, articolazioni dure.

 Rinvigorii sull'altare dei prossimi
sogni, mi s'infuocavano gli occhi.
 Dissi alla Musa l'amavo, le sue
 mani mi slegavano i crucci.

Mi addormentai.   

quattrocentocinquantasette


 - White Dog sinfonia per Hagen-


Vedo il film " Single ma non troppo " l'orario della proiezione affisso alla locandina; osservo la foto delle quattro a sedere sul marciapiede, alle loro spalle iniza la scalinata in pietra da giardino urbano; una di loro alza la bottiglia in segno di brindisi: se entrassi al cinema con tutta probabilità mi sorbirei un film dal sapore femminista, verve antimaschilista retrò avanguardista: per baggianate felicitazioni non è sera m'indirizzo al mio cinema preferito: quello d'Essai. Arrivo nel quartiere rutilante laggiù, sto nell'angolo dove parcheggio di solito; guardo la svolta della via. Penso alla morte dice il poeta che non è altro che la curva della strada. Scendo. La ragazza che mi cammina di fianco è preoccupata; l'altra più avanti nasconde il viso. Rapidamente m'indirizzo al cinema, spingo la porta dell'entrata, le vedo serene, ciascuna con ombrello berretta di lana in testa transitano dietro la siepe. Il film si svolge a Budapest, l'Aquincum romana. Nella prima scena riconosco il ponte sul fiume Danubio. Ripresa al rallentatore dall'alto la ragazzina ungherese pedala la bicicletta sul ponte in una città fantasma seguita da un branco di cani: nello zaino ha una tromba. Trama: alla ragazzina viene tolto il cane il quale viene abbandonato. La ragazzina lo cerca, nel frattempo il cane vive randagio, finisce nel canile. La scena del ponte che ho descritto è la corsa dei cani alla riscossa i quali attaccano gli uomini. Nonostante la ragazzina abbia compreso come gli umani siano insensibili crudeli; suona la tromba riuscendo a sedare l'istinto di vendetta dei cani. Il titolo del film per intero è: White dog sinfonia per Hagen: nome del cane della ragazzina. Tornando verso casa, ho immagini del periodo in cui nel 2001 feci il viaggio a Budapest. Giocavo a calcio, niente figlio, il lavoro, avevo una storia, c'era la lira, il presidente americano era Giorge Bush, l'Inter giocava come al solito, internet non c'era, avevo tracce di gioventù nei capelli, l'11 settembre distante 6 mesi, non c'era l'Isis, David Bowie aveva l'età che ho adesso, la percezione del secolo nuovo stentava, i cinesi erano entrati nel mercato mondiale da poco, in città non c'erano extracomunitari come ora, il cellulare invenzione non lontana, leggevo la vita di Gaio Giulio Cesare; vivevo la parte di vita dove la trama è disegno come dice Shopenauer, non dove mi trovo ora; rovescio da cui si vede filo, intrecci, trama; non sentivo la responsabilità per qualcosa, ero felice. Parcheggio, salgo le scale non pensando a nulla di presente.          

quattrocentocinquantasei

 - Point Break -

I pensieri erano concrezioni sul ramo logico dell'illogico libere cordinate trasmesse dal mio vivere; merce sull'amore legata ai vivi e ai morti con la fune del pensiero, la vastità del tutto è impressione e non è tutto; la gravità è nel bicchiere in vetro da cui ho bevuto i numeri ed equazioni in birra; dalle profondità l'eccellenza dei saranno legati al cordone ombelicale; me stesso, minore in ogni cosa incapace di comprendere; il candore delle opere che non si percepiscono, non sentendo la ciclicità del sangue imperfetto: l'aurora degli uomini; e tutto roteava liscio nei miei pensieri: la realtà sviluppata, ardeva sull'altare dell'intimo ispirato; guardandomi attorno mentre camminavo sortivano le ombre ad origami della sera sorvolare, si fissavano distraendomi lucidamente in momenti simili al precedente simili al sucessivo, mi vidi in mezzo: constatavo l'ipnosi dell'esistere; dalla realtà laggiù l'andirivieni bagliori artificiali, la via buia dalla ferita illuminata v'introdussi il mio passo svelto; consegnai piedi e corpo al regno materiale distraendomi dai pensieri funambolici, spinsi l'impulso biologico dei freni; mi fermai davanti alla locandina di Point Break. Srotolai la trama del mio film l'avvolsi nella carta stagnola entrai al cinema. Del film in celluloide ricordo poco: il ragazzo fa base jumper, si lancia dai pendii sorvola vallate, in moto percorre i canyon dell'Arizona, nel corso della trama scopro che lavora per l'FBI tenta di sgominare una banda di terroristi, l'arabo ricco finanzia l'impresa, ragazze leggere, ragazzi e ambizioni, tatuaggi, sfide, espressioni da uomini duri, vetture potenti, muscoli da palestra, una storia comune di matti da legare.        




    

quattrocentocinquantacinque


 - La quinta onda -

Non ebbi dubbi quando acquistai il biglietto per lo spettacolo, ma non era per me. Il film è alla moda difficoltà ad immedesimarmi. Trama: gli Altri: li alieni, vogliono conquistare il mondo, parcheggiano la navicella spaziale nel cielo dell'Ohio; partono le cinque onde, cataclismi che via via distruggeranno la civiltà umana. La ragazza del college cerca di salvare il fratello arruolato con l'inganno dagli Altri; assieme ad altri giovani sono indotti a combattere contro la civiltà dei superstiti terrestri (  la loro ). Non per analogia ma surrealtà, la scena mi ricorda l'arruolamento dei giovani croati durante la guerra dei Balcani prelevati dalle discoteche. Migliaia furono arruolati senza passare per casa caricati sui camion e vestiti per combattere. E' tragico ma ho sempre riso di questa follia così vicina che pareva lontana. Nel film si fa chiamare Elevan Walker, è un umano conquistato dagli Altri protegge la ragazza del college, s'innamora, fanno l'amore dentro una vettura abbandonata, salva il fratello: le due cose sono indipendenti, non che la ragazza è riconoscente a Elevan che l'aiuterà a trovare il fratello: nei film l'amore si fa sempre per amore a meno che non sia un porno. Poca gente alla visione mi fanno respirare dandomi il senso di libertà, che la trama poco a poco nella sua scarsità mi toglie facendomi maturare l'idea di ringraziare il regista contattandolo su face book, gli scrivo in bacheca: ho visto il tuo film mi è piaciuto anche se quando è finito ho avuto l'impressione che fosse tardi: mi ero rotto le balle già da un pezzo.          

quattrocentocinquantaquattro


 - Ti guardo -

Il trafiletto sul giornale lo indica opera prima del regista, il titolo evoca il romanzo che sto leggendo: padre e figlio visitano i luoghi simbolo del ventennio fascista, il padre continuamente al figlio dice << guarda >>. Chiudo il giornale, mi annoto l'appuntamento per la proiezione ricordandomi Ray K. il quale mi disse di chiamarlo quando sarei andato al cinema. Per rimangiarselo in parte subito dopo, lasciando spiragli di possibilità; raramente viene, i titoli che gli elenco lo annoiano nonostante sia animato dall'enfasi di uscire, si concede idealmente si nega per masochismo; una volta desolato mi guardò dicendomi << e perchè mia moglie, e perchè mia figlia, e perchè mio figlio, mia suocera, mio padre che poi è morto, mia madre che è anziana, mio fratello, la casa, l'affitto e quel porco di dio, sono libero solo quando esco a far pisciare il cane: si può vivere così ? >> Certamente il film non è molto adatto per Ray; la mia amica Caterina Lisiex si addormenta in sala, Ray K. si addormenta in automobile; come quela volta che chiacchierando gli dissi << la vita umana è un pretesto di Dio per propagare l'amore tra gli uomini >>; Ray immediatamente s'accoccolò: parcheggiare lasciare uno che dorme profondamente a braccia conserte dentro un'utilitaria, per la gente che passava era vedere un alano nella cabina di un apecar. In ogni caso lo lasciai dormire, andai al cinema. Quando tornai non vedendolo in auto mi venne un po' d'apprensione; Ray stranito tra autobus e pensiline, guardava allucinato dove potessi essere, ma soprattutto dove cazzo si trovasse lui: non si ricordava di niente. L'unica cosa che si ricordava, gli stavo parlando della Bibbia. Ray se si trovasse in Francia tutti lo scambierebbero per Francese gli parlerebbero Francese stupendosi se facesse presente loro, che non parla assolutamente Francese ma che è Italiano originario di Modica << sapèt du ves ? >> gli direbbe per far loro capire che parla Francese. Ray ha la stazza di de Gaulle, ampio sedere gambe galvaniche; è lentamente rapido, mi sorprende e dico << è stato svelto pur non essendolo, com'è questa alchimia biologica ? >> Inoltre Ray ricorda il mio amico Phil delle medie: ha il viso con la stessa inclinazione. Phil aveva il dono di far ridere, avrebbe potuto stare zitto, eternamente zitto: avrebbe fatto ridere. Aveva il volto splendido, quelli ideati da un artigiano per una maschera buffa; guardavi Phil, per magia ti aspettavi qualcosa di ilare, comico, dissacrante; chiunque, qualsiasi essere umano vedendo Phil capiva come Dio avesse splasmato il volto a costui per alleggerire la fatica del dolore a chi lo avesse visto. Il prof. richiamandolo per rimproverarlo in realtà si aspettava una giustificazione che fosse gag umoristica facendogli addirittura da spalla; se Phill all'inizio pareva timido, poi la classe esplodeva in risate per una qualsiasi sua espressione o parola fulminea che fosse ingenua o dissacrante. Il prof, era convinto mentre lo guardava, di trovarsi di fronte un genio e aveva la postura di chi lo sa, lo vede; l'espressione ironica degli occhi indirizzati verso la bocca di Phil, centro di spirito e soffio, che dalla bocca comandava il resto del corpo: lo dicevano, lo presagivano, lo predicevano: il prof. si sentiva profeta. Dunque, Ray non lo chiamo, non amo sentirmi dire di no, << comunque hai fatto bene a chiamarmi ma sto in casa grazie Zen >> è tipico di Ray. La cassiera col volto levigato dall'intelligenza su cui muore ogni indecisione, mi saluta col sorriso franco. Biglietto in mano, varco la porta, scosto la tenda entro in sala. Dopo la visione rimango perplesso. Il film non è intricato è semplice. Il premio conferitogli mi s'incaglia come un macigno; lo considero normale, per cui rivedo il concetto di normale inteso valore se richiama la semplicità. La semplicità è un'arma di comunicazione di cui non hai consapevolezza, arriva, si svolge, ti conquista, lasciandoti insapore in bocca. La stesso insapore che mi ha lasciato il film: forse la sua grandezza; forse per questo l'hanno premiato. La ragazza alle prese con la chiusura dell'ombrello davanti al cinema, cui ho aperto con educazione la porta, seduta avanti da dove ero io, per tutto il tempo della proiezione ha messaggiato al telefonino. Di fronte alla scena di sesso tra omosessuali,  le due ragazze poco dietro di me, si sono lasciate andare con pudore a qualche risata. In auto tento di rivedere la trama; l'amore impossibile tra un uomo di mezz'età e un ragazzo che vive di espedienti in una città brasiliana. Detto così svapora tutto, e si riduce a qualcosa di sordido: si eleva tra i due quando il brillio dell'amore s'intrufola nella povertà, indigenza, nello squallore della vita di periferia dove i due vivono e danno per scontata; l'amore timidamente dà loro una prospettiva, soprattutto al giovane il quale però, per amore decide di eradicare il trauma che impedisce all'uomo di mezz'età, suo amante, di consumare tra loro il rapporto sessuale: cioè il padre. Va beh, se vi capita, andate a vederlo.                                   

mercoledì 2 marzo 2016

quattrocentocinquantatrè


 - Fuochi d'artificio di giorno -

Prima d'entrare al cinema incontro Adonello. Come stai, che ci fai qui, lo saluto. Lo vedo andarsene con la sporta tra le mani. Ricordo quella volta con Goran Smorto: eravamo in bicicletta nel traffico serale al centro del paese lo vidi tra molteplici teste, rapidamente dopo aver nominato il suo nome, ci demmo alla fuga pedalando velocemente sulla via laterale; Goran Smorto affaticato balbettò un aforisma di quell'esperienza << è proprio vero nella vita ci vuole l'occhio, se c'hai culo non l'occhio: chiunque te lo rompe >> è brutto dirlo: fuggivamo dalla sfortuna. Adonello è uno jettatore. Nell'entrare al cinema, non solo mi ci stavo scontrando, l'ho salutato gli ho stretto la mano. L'aforisma di Goran Smorto mi balenava per la testa; a mia giustificazione potevo dirmi che Adonello me n'ero liberato subito, l'avevo toccato si, ma girato l'angolo mi ero toccato per scaramanzia, attenuando sicuramente la carica di jella nei miei confronti. Nulla di cui rimproverarmi: avevo fatto il massimo che si potesse fare in questi casi mica potevo accendere un falò, ballare attorno al fuoco e fare gli scongiuri, ognuno vive la sua follia che deve rimanere sua. Ma sebbene avessi fatto gli scongiuri la jella avrebbe potuto riversarsi comunque sul film; premiato per la migliore regia, miglior attore, dava ottime garanzie per non essere influenzabile; inoltre l'avevano premiato in Germania non in Italia dove chi non vale un fico secco ha storicamente più opportunità di riuscire. Inizia il film. Impiego un po' per capir la trama, mi sento in una situazione surreale, come se avessi ordinato un piatto di spaghetti alla carbonara; prima ti portano gli spaghetti un quarto d'ora dopo la carbonara, li mangi pensando non fanno schifo, ma sono originali nel servirteli. Continuo a seguire la proiezione: confondo l'ispettore che fa le indagini, col marito dell'attrice principale che gira di sera con dei pattini da neve legati sulle spalle. Nella mia testa i due attori si sovrappongono; vacillo: guardo l'orologio; ascolto un frammento di agonia in me non si fa luce; ci sono delle cose che non coincidono; di tanto in tanto l'ispettore è alle prese con un omicidio, che poi saranno due, tre, ma aggiorna come è lo svolgersi delle indagini: allora mi metto in pari; però non capire sperando che uno ti venga a spiegare la trama che avresti dovuto seguire,  è una seccatura; immagini a colori acidi, nevica, pioviggina, c'è la neve che ricopre tutto; nei locali ci sono sbuffi di calore, tratti di miseria muraria, gli autobus all'interno dei quali viene girata qualche scena, scarico e tubi di scappamento, gli angoli della città inquadrati anonimi, nel film c'è freddo, mi accorgo di essermi seduto vicino alla porta di entrata, tira freddo anche qua; il refolo di uno spiraglio mi raffredda la spalla, come direbbe Goran Smorto << l'aria della fessura porta alla sepoltura >> lo penso toccandomi per scaramanzia, ricordo nell'entrare Adonello: mi tocco di nuovo; nel frattempo, una tizia matura s'immerge vestita nella vasca da bagno, fuma una sigaretta col bocchino ride simulando la follia. L'ispettore fa l'amore con l'attrice pricipale su un ottovolante; di fronte a questa scena, se ci fosse stata Caterina Lisiex mi avrebbe detto << con quel fveddo col cacchio che mi faccio fave su !? >> comunque scene piacevoli anche se non seguo la trama ce ne sono. All'interno d'una barberia c'è una bella sparatoria che ricorda la crudezza di un film di Takeshi Kitano; un'altra scena dove il marito dell'attrice principale compra le sigarette, prima di entrare dal rivenditore in un bugigattolo incagnato si accorge della polizia che lo aspetta; segue una sparatoria lui scappa inseguito gli sparacchiano crolla in strada colpito a morte. C'è un velo, dove tutto è ricoperto d'inverosimile; il pedinamento che fa l'ispettore al marito dell'attrice principale, il quale con un corpo sezionato nel sacco in spalla percorre la via di giorno, body bag color arcobaleno lo porta al ponte, nessuno lo vede mentre getta i pezzi di corpo nei vagoni ferroviari che transitano sotto; in Cina ci sono 1 miliardo 500 milioni di cinesi: nessuno lo vede; oppure; la moglie cioè l'attrice principale sotterra le ceneri del marito in un'aiuola del marciapiede, sono abituato all'Italia dove sulle aiuole ci cagano i cani: non so. Cmq il film è piacevole, la trama la ricostruisco; ho l'impressione che i cinesi nella recitazione abbiano qualcosa d'irreale riconducibile alla recitazione teatrale con enfasi come quando l'ispettore corre sulla strada ghiacciata, cade come un attaccante in area di rigore quando gli sparano in testa dalla tribuna. Verso la fine della proiezione spero che il film finisca: guardo l'orologio. Quando termina rimango fermo ipnotizato sulla poltrona veder scorrere i titoli di coda; ideogrammi in cinese simili a piccoli quadri bianchi nel nero. Tento di capire non so, forse mi gusto la fine assaporando qualcosa di perduto, filosofico, tratto da ciò che muore dopo averti illuso amato di un amore non corrisposto. Anche se incontrare Adonello penso che non sia mai un bel viatico.