sabato 13 maggio 2017

cinquecento

- Il bar -

Intaccato dalla beatitudine la capatina al confine tra vivi e morti è nella baita, chalet, zattera di legno immersa nel centro cittadino. Seduto sotto le maestose chiome mi affaccio alla balaustra da cui vedo la metropoli piccola orizzontale, scorre alla velocità del traffico di questa primavera; ovunque il verde brillante è rigoroso nei corpi rinserrati dai foulard, nelle sciarpe, nello spirito del sole che accosta le t-shirt a braccia scoperte, il nulla non ha patria, il silenzio nemmeno se lo desiderasse, perennemente interrotto dalle presenze che mi circondano. Materializzate gerani le note fuoriescono dalle casse stereofoniche, il folk singer strimpella il quieto vivere invia tra caffè cappuccini baci lievi sui refoli del vento. 

lunedì 1 maggio 2017

quattrocentonovantantanove

 
 - Una giornata qualunque -
 
 La storia della giornata più o meno è questa: ho uno screzio puntuto al telefono con la tipa, mi rivolge una battuta che apprezzo per stile, scelta di tempo, ma ha la controindicazione di farmi imbestialire. Le messaggio sul telefono una frase da capitolazione di cuore e anima per procurarle una morte cerebrale istantanea. La giornata non si prospetta un gran chè. Inizio il romanzo di no scrittore americano mi ricorda Cèline, ma è un'altra cosa. La lettura dei romanzi di giorno mi fa dormire. Penso ad alcuni problemi come risolverli nel modo peggiore in modo da creare un futuro plausibile: muore Sansone e tutti i Filistei. La donna matura femminilità vivace passo da footing si fa guardare nonostante l'età. Il film dell'altra sera parlava della realtà del Kossovo serbi e albanasi ortodossi mussulmani. Non c'è niente da fare, la realtà non m'interessa un gran chè. Divago, frasi, momenti, volti, profili, appallottolo tutto e lo getto nel retro della memoria. Mi dedico ad un'introspezione terapeutica ricordando una poesia di Fernando Pessoa; non riesco a scorgere nulla: tutto buio dovrei entrare in me con la pila o l'elmetto da speleologo. Pure il Vangelo è distante in questi momenti. Un attimo di vertigine sono al galoppo sulla neve del morir d'inedia. La musica colta non mi riempie. Ascolto gli Ac/Dc e regredisco per impugnare il centro dell'esistenza. Piano piano risalgo la china ascolto del rap versione club.Fuori dal locale la ragazza di una volta col volto da 12 pollici truccati mi saluta. Mi fermo entro per bere una birra, la scritta " che schifo " mi passa tra la memoria di un recente passato che si rinnova; la devo aver letta sul muro da qualche parte. Condiziona: ho voglia di qualcosa di solidamente schifoso: un hot dog e papatine fritte; unico contributo degli Inglesi alla cucina mondiale. Sto vivendo la vita di un altro, lo accompagno al letto a stomaco pieno.