lunedì 10 luglio 2017

cinquecentotre


- Hoc est caritas - ( questo è amore )

E' una di quelle frazioncine delle nostre parti nel mezzo della campagna: una strada la percorre come nel far west, l'agglomerato di case, la chiesa all'inizio o alla fine della strada a secondo da dove vieni. Un uomo in una villetta ad un piano con le mura del giardino basse tinte di bianco che ricorda isole lontane, viveva quotidianamente una sfida politica con la gente della frazione, di simpatie comuniste. A suon di striscioni che ideava, come gli ultras mettono lo striscione alla rotonda in tangenziale, li svolgeva da albero all'altro davanti casa, interloquiva / sproloquiava contro un eventuale interlocutore / interlocutori che non ho mai visto, ma ho sempre immaginato. Ho sperato di vedere qualcuno che reagisse ai quei motti degli striscioni, glieli strappassero: mai niente. Vedevo solo ciò che scriveva: frasi sarcastiche, sciabolate ideologiche, ce l'aveva con i rossi del creato. Egli era orgogliosamente di Forza Italia. Una volta lessi una frase dedicata a San Silvio. Era il periodo della presunta persecuzione dei giudici al primo ministro della Repubblica Italiana, Silvio Berlusconi. Questa querelle tra attori anonimi mi divertiva; allietava le mie mattine lavorative istruttivo come programma su Rai Storia: Karl Marx / Groucho Marx. Frasi puntute, sarcastiche, laconiche, ironiche, accattivanti, intelligenti, blasfeme, seguivo l'umore della querelle di questo fantomatico Forzista vs comunisti, lo stato di frustrazione in cui si trovava; avevo compreso che fosse a quel tempo, in quel luogo, disperso dall'uomo e da Dio: una mosca bianca armata sino a denti. Un apostolo della libertà tra tanti frustrati mono-neuronali. Passavo da quelle parti per fare colazione, leggevo divertito sugli striscioni la frase ideata contro i nemici ideologici. Poi guidavo chilometri di risate: era diventato un rituale. La ragazza incinta conversa a mano lieve sul pancione, lo accarezza, esprime meraviglia per qualcosa che non ha assolutamente intenzione di fare. Il tizio col cappello da contadino color cachi mostra la scritta inequivocabile, Boia chi Molla; nel frattempo con la lingua tocca la suscettibilità della donna che gli serve il caffè al tavolo la quale divertita in una sonora risata se ne và. Mi alzo dal tavolino, metto in ordine i ricordi del luogo, penso al Forzista, alle sue trovate, alle querelle con i comunisti, finisco il caffè, esco. All'uscita del bar le donne anziane sotto il portico giocano a pinnacolo parlano in dialetto. Il trattore parcheggiato è un Landini Legend 160 a motore acceso. La bandiera del piddì davanti alla sede non sventola, è avvolta all'asta, il tessuto nuovo ha un chè di non attuale. Il sole è inesorabile, un lenzuolo di luce che bagna il mattino, sicuramente tutta la giornata. Inforco gli occhiali, l'universo è tollerabile. Riavvio il motore; ciò che mi ronza in testa è l'essere Italico: il pensiero, il volere: zavorra inestirpabile, l'anima, il cuore, in me tutto si traduce in due frasi di natura opposta. Benito Mussolini il cuscino con cui la maggioranza degli Italiani ha dormito sonni tranquilli: l'esternazione è mia, non è autorevole, lo so, l'altra lo è di più, ed è: l'ho scritto, ho messo l'animo in pace, voi fate quello che volete. Karl Marx.   

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