domenica 11 febbraio 2018

cinquecentotrenta

Il bar in cui vado di solito è per ora l'unico in sintonia col mio essere. Siedo scrivo leggo sparpaglio le cose, nessuno fa caso a me a quello che faccio; qualche amico mi vede nella curiosità dello sguardo si risponde che sono eccentrico forse folle. Negli altri tavoli vi è chi legge chi chiacchiera chi prende un te col cane al guinzaglio sdraiato sul pavimento chi è assorto nell'ascolto della musica in cuffiette chi dal display sullo smart phone. Sarà chè al bar ci sono allo stesso tempo due entrate che fungono a due relative uscite e per questa ragione evocano in me la vita al suo nascere nel suo divenire nel suo scomparire tipico della dinamica umana, chissà; in ogni caso sono portato a pensare d'essere in una sorta di non luogo denso di movimento che diviene centrale fluido controverso di libertà anonimato protagonismo di palcoscenico fenomenale quando si sviluppa trama che raccolgo imbastisco modello. Poi c'è questa ragazza oggi qui seduta al tavolo di fianco con gli amici; guarda e commenta immagini sul display del telefono fa finta di niente mi osserva di sottecchi, distoglie lo sguardo se sono intento a scrivere, mi riguarda di nuovo lo ritoglie come dirmi: c'è posto anche per me in quello che scrivi ? 

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